Quella di cui ti parlo oggi è una storia un po’ diversa dal solito, perché è incentrata sulla routine quotidiana dal punto di vista PROFESSIONALE, invece che PERSONALE.

Come sicuramente già sai, fra le mie attività mi occupo specificatamente dell’incubazione e acceleratore di Startup. In altre parole affianco a vario titolo persone che creano aziende riponendovi all’interno sogni, speranze ed obiettivi.

Il mio scopo è sempre e solo uno: fare la mia parte per creare aziende efficaci, che diano un contributo concreto al nostro mondo e che, soprattutto,siano in grado di camminare da sole.

Questo mi porta ad avere a che fare con un numero praticamente infinito di persone, solitamente diversissime tra loro: c’è l’imprenditore che per la prima volta si affaccia a questo mondo con sana curiosità e voglia di fare, quello più esperto che sa come muoversi ma magari non dispone degli strumenti necessari per farlo, quello che ha l’idea dell’anno ma non focalizza il modo giusto per metterla a frutto e via discorrendo.

Fra i tanti “personaggi” passati davanti ai miei occhi o con i quali ho avuto modo di lavorare, non dimenticherò mai quello che più di tutti mi ha colpito. A stupirmi non fu tanto il successo della sua azienda, quello era preventivabile (o almeno, augurabile!) quanto il fatto che raggiunse quel successo per motivi che non dipendevano in alcun modo dal mio operato, nonostante fosse venuto da me esattamente per quello.

Ma andiamo con ordine: ho conosciuto Paolo M. nel Gennaio 2017. La nostra collaborazione era sorta seguendo un protocollo piuttosto “standard” fatto di riunioni, accordi e regolamenti. Paolo realizza parti di ricambio per macchine da movimentazione attraverso un complesso ed efficace processo produttivo, che lo rende altamente competitivo sul mercato e sensibilmente più economico dei suoi concorrenti.

La mia struttura gli avrebbe fornito dunque una sede e un supporto logistico per allestire il suo “quartier generale” all’interno dei nostri spazi. In un secondo momento, dopo una fase di fisiologico ambientamento, avremmo valutato anche alcuni sistemi di affiancamento per aiutare la sua azienda a crescere in maniera più rapida ed efficace.

Tutto andava per il meglio dunque. Paolo e il suo staff si erano infatti trasferiti già all’inizio di Febbraio. Non sono solito “ficcare il naso” troppo spesso in queste cose, non mi piace che la mia presenza disturbi il lavoro degli altri, soprattutto in una fase critica come quella iniziale, quello che però avevo notato già dalle prime settimane è che Paolo era una persona incredibilmente ansiosa.

Lo vedevo correre da una parte all’altra dell’ufficio accertandosi che tutti gli aspetti dell’azienda fossero seguiti adeguatamente, che tutti i suoi collaboratori sapessero esattamente cosa fare, quando, e come.

Avevo l’impressione che fosse uno di quei titolari d’azienda che dissimulano una forte mania di controllo per tutti gli aspetti della loro attività. Mi veniva un po’ da sorridere, non era il primo e non sarebbe stato l’ultimo a comportarsi così, purtroppo è un retaggio che ci portiamo dietro da sempre, una sorta di “lampadina” che scatta nella testa di molti di noi nel momento in cui pensano che qualcosa sfugga alla loro vista, che possa essere fatto male, che possa non andare bene. È così nella vita come nel lavoro.

Ma tra i tanti aspetti in cui Paolo esprimeva questo suo atteggiamento c’era una cosa che realmente non riusciva a gestire: il flusso di fatturazione.

Detto fra noi, l’azienda di Paolo era un vero portento: gli affari andavano bene e l’economia cresceva. Come ben sai, in questi casi, diventa FONDAMENTALE poter contare su un reparto contabilità competente ed efficace.

E Paolo ce l’aveva.

Il problema è che puoi essere l’azienda più moderna e avanzata del mondo, ma se lasci al vecchio “mondo analogico” proprio tutti quegli aspetti dell’attività che si esprimono attraverso cumuli di carte e documenti, non riuscirai mai ad fornire un servizio snello, rapido e perfetto come vorresti.

Non ci misi molto a capirlo, era esattamente la situazione in cui versava l’azienda di Paolo. Per fartela breve, tutti i processi produttivi della sua impresa passavano per check documentati, e-mail di conferma stampate e revisionate da diverse figure a seconda della mansione e soprattutto decine su decine su decine di fatture, bolle d’accompagnamento, proforme.

Chilometri di carta, credimi sulla parola.

Una volta passai davanti al suo ufficio nei giorni della verifica di inventario, quella fase in cui uno staff preposto deve controllare che i flussi di entrata e di uscita delle merci siano coerenti con le documentazioni di vendita e acquisto.

Un’impresa titanica. E Paolo era il comandante della nave che non riusciva a evitare di imbarcare acqua.

Sapevo che la cosa non poteva durare a lungo. Tra l’altro, controllando i dati mensili, mi resi conto che ad ogni incremento dei volumi di vendita corrispondeva una successiva flessione piuttosto importante. Sempre. Era come se facesse un passo avanti e due indietro costantemente.

A quel punto, mio malgrado, decisi di intervenire. Con la scusa di un caffè convinsi Paolo a staccarsi per dieci minuti dalle sue occupazioni e fare due chiacchiere. Fu un fiume in piena. Mi spiegò che l’azienda andava bene, meglio del previsto, che le nuove tecniche di promozione del prodotto stavano dando i loro frutti e che i clienti erano soddisfatti. Addirittura in alcuni momenti avevano difficoltà ad evadere gli ordini, viste le richieste.

Mi raccontò per filo e per segno le sue giornate, e il fatto che la burocrazia, nonché tutta la parte contabile, lo stesse uccidendo.

“Non riesco a stare dietro a tutto, ho sempre paura di perdere un documento importante, o che le fattura dei clienti non siano bene ordinate negli archivi”

Ti confesso che là per là ero tentato di dargli qualche suggerimento di natura personale, come per esempio quello di abbassare i livelli di stress, di non pensare sempre al peggio e di fidarsi del lavoro dei suoi collaboratori, senza sentire il bisogno impellente, ogni volta, di controllare il loro operato.

Poi capii che il suo problema principale non era quello. O almeno, c’era qualcosa che andava risolto prima: la gestione dei processi interni.

In estrema sintesi, l’impresa di Paolo era il classico esempio di azienda destinata a soccombere sotto il peso delle minuzie. Sul serio, a creare un danno non sarebbe stata la crisi o la cattiva gestione del marketing, la qualità del prodotto, ipotizziamo, non all’altezza (e non era il suo caso) o qualche dipendente poco efficiente: quello che avrebbe fatto stramazzare al suolo l’azienda di Paolo come un purosangue stanco e invecchiato sarebbe stata tutta la polvere che si annidava nel mezzo delle fasi di produzione.

E questa è una SINGOLA operazione ordinaria. Pura follia.

A quel punto offrii a Paolo una possibilità: di lì a una settimana avrebbe trovato sulla sua scrivania una guida realizzata dal Salvagente intitolata “La fatturazione elettronica”, un pratico volumetto che spiega tutti i modi per velocizzare e digitalizzare i processi aziendali facendo tutto in modo corretto e senza errori, e soprattutto senza incorrere in sanzioni.

Questo succedeva in Aprile 2017.

A distanza di diversi mesi le cose sono radicalmente cambiate, in un modo che non potresti nemmeno immaginare. Passare davanti all’ufficio di Paolo è quasi un’esperienza rigenerante: non più urla e persone che corrono da una parte all’altra della stanza, nessuna pila di fogli ammassata sulle scrivanie, niente più gruppetti di dipendenti assiepati intorno a un foglio come se stessero cercando di decodificare un manoscritto azteco.

La settimana scorsa è stato Paolo a cercarmi per offrirmi un caffè.

Accettai, anche perché ero curioso di sapere se avesse tratto giovamento dalla guida “La fatturazione elettronica” che gli avevo fatto avere e soprattutto mi sarebbe piaciuto capire come mai la sua azienda era diventata una sorta di oasi-benessere della nostra struttura.

Ero felicissimo, anche se non avevo fatto niente. Il merito era stato della guida, e di Paolo che, da buon imprenditore, ha colto l’occasione. Ovviamente prima di salutarlo ci tenni a dargli un consiglio: tanto, tanto Yoga. Per abbassare lo stress!

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